Sebastiano Gavasso & Stefano Moretti
D5 PANTANI, STORIA DI UN CAPRO ESPIATORIO
scritto e diretto da Chiara Spoletini
con Sebastiano Gavasso e Stefano Moretti
partecipazione video di Alessandro Lui e Giuseppe Spoletini
consulenza Francesco Ceniti de La Gazzetta dello Sport
voce di Davide De Zan
Al termine dello spettacolo avrà luogo un incontro con giornalisti e sportivi, sulla figura di Marco Pantani.
Lo spettacolo racconta la vicenda umana e sportiva di Marco Pantani, partendo dalla squalifica del ciclista alla penultima tappa del Giro d’Italia 1999 a Madonna di Campiglio. Sul fatto i media non hanno dubbi: accostano subito a Marco l’ombra del doping, un’ombra che lo perseguita e che lo trascina nel buio.
Questo per ripercorrere la storia dell’uomo Marco e del campione Pantani, fino all’ultimo capitolo: l’arrivo nella stanza D5 dell’hotel “Le Rose” di Rimini, dove il ciclista si chiude in una solitudine silenziosa fino alla morte. Un vero e proprio giallo, una messa in scena costruita maniacalmente a cui ancora oggi non viene attribuito un regista.
Il debutto è stato il 3 dicembre 2016 al Teatro Comunale di Dozza (BO), paese natale di Luciano Pezzi che ha rappresentato tanto nella vita di Marco Pantani. Per l’occasione, Fausto Pezzi, figlio di Luciano, ha concesso di utilizzare in scena una delle biciclette di Marco e la Fondazione Pantani ha dato il suo supporto ufficiale allo spettacolo. Nel mese di maggio 2017 lo spettacolo ha seguito alcune delle tappe del Centesimo Giro d’Italia, partendo da Reggio Calabria e risalendo lo stivale fino a Milano, contando sul supporto in fase di comunicazione della Gazzetta dello Sport, della Rai e del proprio ufficio stampa.
Lo spettacolo viene qui proposto nella stagione 2019, anno che segna il 50° anniversario della nascita di Marco Pantani.
“L’urgenza che ci muove a raccontare questa storia prende vita dall’assurdità stessa della vicenda. Una cronaca di non troppo tempo fa trattata con menefreghismo, disattenzione e cattiveria. Una favola macabra, un sogno che si trasforma nel più nero degli incubi già dal 5 Giugno 1999, quando si gridava al doping, quando si strillava che Pantani fosse dopato, un drogato che aveva imbrogliato tutti, i conti non tornavano e oggi la cronaca da ragione a quei dubbi. Nel settembre del 2016 esce la notizia che la squalifica del ‘99 fosse la punta di un iceberg di diversi interessi camorristici e che l’esclusione del ciclista da quel Giro avesse uno scopo economico, assolutamente nulla a che vedere con la necessità di fare giustizia nell’ambiente ciclistico o di proporre riscatto, o ancora che ci fosse un interesse a difendere chi “era pulito”, perché nessuno lo era.
Ad oggi, possiamo affermare che Pantani fu un capro espiatorio: prima ingiustizia.
La seconda arriva qualche anno più tardi, quando nel 2004 il campione viene ritrovato morto nella stanza di una pensione di Rimini, la D5, appunto. Un giallo incredibile. Gli assurdi movimenti maldestri degli inquirenti, degli uomini del Ris, di chi ha condotto le indagini, dei medici coinvolti, dei testimoni mai ascoltati, della scena del delitto contaminata dai primi minuti di indagine, dalle misteriose fughe delle persone “informate sui fatti” e coinvolte, ci hanno mosso ad andare più a fondo, col “solo” intento di informare, di riportare i fatti a galla, per tentare di capire se è ancora possibile incuriosire con questa storia una donna o un uomo, per tentare di riconsegnare a uno sportivo che ha contribuito a rendere immortale la storia del ciclismo italiano, una dignità perduta e fin troppo maltrattata.”
L’opera scritta e diretta da Chiara Spoletini, che vede in scena gli attori Sebastiano Gavasso e Stefano Moretti, in video Alessandro Lui e Giuseppe Spoletini, e che può vantare la voce di Davide De Zan, nasce da un gruppo di artisti, autori, giornalisti e illustratori uniti dalla volontà di restituire a Marco Pantani la sua dignità di essere umano e di sportivo; volontà che ha portato il gruppo anche alla promozione su Change.org di due petizioni contro l’archiviazione delle inchieste sui controlli antidoping di Madonna di Campiglio in occasione del Giro d’Italia del 1999, e sulla morte di Marco a Rimini nel 2004 (www.change.org/pantani).
La timeline della vicenda ripercorre perciò le prime scalate con la bicicletta di quando era bambino, l’approdo alla squadra che lo rappresenterà per anni, la Mercatone Uno, le vittorie e le sconfitte, fino alla penultima tappa del Giro d’Italia 1999, quando viene squalificato a Madonna di Campiglio per un valore di ematocrito nel sangue sopra la soglia consentita. I media accostano subito a Marco l’ombra del doping: un’ombra che lo perseguita e che lo trascina nel buio. Ultimo capitolo della messa in scena quindi, l’arrivo nella “famosa” D5, la camera dell’hotel Le Rose, che il campione affitta a Rimini per rinchiudersi in una solitudine silenziosa che lo porterà alla morte. Un vero e proprio giallo, una messa in scena costruita maniacalmente a cui ancora oggi non viene attribuito un regista.
Ad affiancare la figura di Pantani nella messa in scena c’è un giornalista sportivo, tifoso appassionato di Marco, dell’uomo e del campione, che insieme a lui dall’inizio, ripercorre la scalata, lasciandosi ispirare e guidare nella stesura del proprio libro dallo stesso Pantani. E’ stato perciò necessario portare in scena due fonti di informazione: gli attori e il mezzo mediatico. Disseminati tra gli spettatori si trovano dei monitor e le immagini che un videoproiettore getta sulla parete di fondo. Sul palcoscenico due biciclette, immancabili: la più grande, quella delle gare e delle vittorie, e la più piccola, rossa, quella degli inizi, di un Marco bambino che muoveva i primi passi sui pedali.
Il testo e la messinscena raccontano la vicenda con attenzione puntuale, con un obiettivo prima di tutto: il passaggio limpido dell’informazione e dell’emozione sincera che solo da tale informazione onesta può provenire.
Uno spettacolo, dunque, che vuole informare, coinvolgere e appassionare, realizzato con la consulenza tecnica di Francesco Ceniti, giornalista de La Gazzetta dello Sport e co-autore con Tonina Pantani del libro In nome di Marco, e con la collaborazione dell’illustratore Enrico Cicchetti.
Un grande evento dedicato a Marco e a tutti coloro che vogliono pedalare con lui e per lui, per restituirgli la dignità che gli è stata rubata due volte: il 5 Giugno del 1999 e il 14 Febbraio del 2004.
Un segno chiaro dentro lo spettacolo e la regia per riaffermare che questo non è solo una ricostruzione di gestasportive e una performance artistica fine a se stessa, ma una “battaglia artistica” di questa compagnia teatrale per andare oltre l’intrattenimento. E schierarsi senza indugi tra chi crede che il Pirata sia stato un capro espiatorio, figlio di una doppia ingiustizia.
(Luca Sancini. La Repubblica, 2 Dicembre 2016)
C’è una intercettazione che potrebbe riscrivere la storia del 5 giugno 1999, quando Marco Pantani fu estromesso da un Giro d’Italia stravinto per un valore di ematocrito (51,9) oltre la soglia consentita (50). Una vera e propria “confessione” involontaria da parte di un affiliato alla camorra: la criminalità organizzata avrebbe pianificato e portato a termine l’esclusione del Pirata dalla corsa rosa. Il motivo? Economico, in primis: c’era sul tavolo un vortice di scommesse clandestine miliardarie con il romagnolo vincente. (…) Non è una novità la pista della camorra “regista” nello stop di Pantani. Spunta già nel 1999: a raccontarla non è uno qualunque, ma Renato Vallanzasca che nella sua biografia, uscita pochi mesi dopo il 5 giugno, racconta: “Un membro di un clan camorristico, mio vicino di cella, mi consigliò fin dalle prime tappe di puntare tutti i soldi che avevo sulla vittoria dei rivali di Pantani. Alle mie obiezioni sulla forza dimostrata in salita dal Pirata, rispondeva: “Non so come, ma il pelatino non arriva a Milano. Fidati.”
(Francesco Ceniti, La Gazzetta dello Sport, 25 Settembre 2015)
Chiara Spoletini, autrice, regista, attrice, giornalista. Master in drammaturgia e sceneggiatura presso l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico in Roma. Finalista alla X Edizione del Festival delle lettere. Vincitrice del premio del pubblico al concorso TheatrAgon. Prima classificata per il monologo Cancro presso la I Edizione del Club dei Narrautori. Miglior attrice presso il Festival Antimafie e Dirittinscena. Menzione speciale alla V Edizione del Festival Internazionale di Teatro di Varsavia. Nel cast del pluripremiato Dignità Autonome di Prostituzione di Luciano Melchionna. Ha lavorato inoltre con Emma Dante, Pierpaolo Sepe, Giancarlo Sepe, Matteo Tarasco, Pier Francesco Favino, Claudio De Maglio, Eric De Bont.
Sebastiano Gavasso, attore. Formatosi alla Scuola Internazionale di Teatro di Roma e al PAC – Perth Actors Collective di Perth, Western Australia. Tra i fondatori delle compagnie Les Enfants Terribles e Cattive Compagnie, con cui produce e interpreta gli spettacoli Toghe Rosso Sangue e Horse Head, vincitore del Roma Fringe Festival e ospitato al New York Fringe Festival. Menzione speciale all’ International Film Festival di Guadalajara, Mexico, per la docu-fiction Born in the U.S.E. di Michele Diomà. Nel cast del pluripremiato Dignità Autonome di Prostituzione di Luciano Melchionna e nelle produzioni del Teatro Bellini di Napoli: Arancia Meccanica e Il Giocatore per la regia di Gabriele Russo. Ha lavorato inoltre con Laura Morante, Sergio Rubini, Francesco Rosi, Giuseppe Tornatore, Cosimo Alemà, Massimo Bonetti, Damon Lockwood e Mark Storen.
Stefano Moretti, attore. Collabora attivamente col teatro Stabile d’Abruzzo e in diverse produzioni cinematografiche, televisive e teatrali. Dal 2014 è nel cast delle serie Rai Un posto al sole nel ruolo di Giacomo Schenardi, detto Scheggia, e Don Matteo nel ruolo di Silvio Pittalunga. A teatro in Sogno di una notte di mezza estate e Odissea del Teatro Stabile d’Abruzzo, La forma delle cose di Neil Labute e Giochi di Famiglia di B. Srbljanovic. Ha lavorato inoltre con Andrea Baracco, Alessandro Preziosi, Nicolaj Karpov.