La chiesa di San Pietro Martire è anche parrocchia, con il titolo di s. Cristoforo in s. Pietro Martire. La data della sua costruzione è abbastanza controversa: Pianzola scrive che tra il 1218 ed il 1220 sul luogo ove ora si trova l’attuale chiesa già si trovava una piccola cappella dedicata a s. Domenico, sostituita poi da un edificio di maggior mole e più aderente alle necessità del tempo, edificato però non prima del 1363.
L’attuale chiesa fu consacrata nel 1480 con il titolo di san Pietro Martire. Accanto a questa si trova la struttura conventuale che ospitava i frati dell’Ordine Domenicano, ora trasformata in sede del Tribunale. L’edificio include due ampi chiostri, anticamente decorati con affreschi dei quali si notano ancora le tracce. A tale epoca risale pure il campanile dall’imponente struttura ottagonale, appoggiato al fianco destro dell’abside e sovrapposto alla cappella del Crocifisso.
La facciata principale della chiesa si presenta attualmente con caratteristiche che richiamano lo stile romanico-gotico : è appoggiata a quattro robusti contrafforti frontali e ha il tetto a spioventi interrotti e sormontati da gugliette, con il sottogronda ornato da archetti; quattro finestre di stile gotico si aprono ai lati del portale centrale, a sua volta sormontato da un arco d’ingresso a sesto acuto e rosone centrale.
La facciata laterale venne restaurata e riportata alla struttura primitiva nel 199l mediante l’eliminazione della struttura barocca del portale e dell’oculo a questa sovrapposto, che fu sostituito dall’attuale finestra di stile gotico a sesto acuto. Pure recente è l’opera che orna la lunetta posta sopra al portale principale, costituito da un bassorilievo in cotto, raffigurante il martirio di s. Pietro Martire.
Nel 1840 la struttura romanica venne modificata e trasformata in neogotica, innestando nella navata centrale un arco a sesto acuto ed occultando il soffitto a capanna, quale l’esterno denuncia.
L’interno, come l’esterno, della chiesa porta le tracce di numerosi rimaneggiamenti dovuti ad ampliamenti o modifiche realizzati in epoche successive.Innanzi tutto ci fu un prolungamento della primitiva chiesa del XIII secolo, eretta, secondo la tradizione , nel luogo allora fuori dal borgo dove avrebbe predicato lo stesso s. Domenico . La chiesa fu poi intitolata a s. Pietro Martire, primo martire dell’ordine domenicano, ucciso nel 1252 lungo la strada tra Como e Milano, ad opera di eretici ariani.
La struttura romanica originaria ( testimoniata anche dal soffitto a capriate, ancora conservato sotto la volta neogotica) fu modificata nel XV secolo, quando fu edificato anche l’annesso convento dei frati domenicani. In questa occasione , infatti, vennero aggiunti il transetto in stile gotico lombardo e l’abside a forma pentagonale.
Il prolungamento della chiesa è evidente nella sporgenza dei due muri su cui poggiano i due pulpiti : questo particolare architettonico non avrebbe ragione di esistere se non fosse un residuo di una costruzione preesistente e più ridotta, tenuto conto anche del fatto che il diametro dell’archivolto sovrastante è minore della larghezza della attuale navata centrale e rimanda ad una navata di larghezza uguale a quelle laterali.
Il presbiterio e il coro, come sono oggi, sono il risultato di un nuovo rifacimento nella prima metà del XVII secolo, quando fu costruita la cripta che ospita le spoglie del Beato Matteo Carreri. Infatti i Vigevanesi vollero dare al loro protettore un posto prestigioso, sotto l’altare maggiore, come si usava nei primi secoli del Cristianesimo con i martiri, che venivano adagiati nella cripta situata sotto l’unico altare.
Ma, per fare ciò, si dovette rialzare l’altare in modo da consentire la costruzione sottostante : il barocco risolse felicemente il problema perché, senza pregiudicare la stabilità del coro e del presbiterio, rialzò il tutto ponendo l’altare maggiore al centro di una imponente scenografia che domina tutta la chiesa. Vi si accede con una bellissima scalinata convessa, a cui è contrapposta un’altrettanto elegante balaustra concava, tutto in marmo rosso. Il barocco rese particolarmente suggestiva anche la cripta, a cui si scende attraverso due eleganti porte ai lati della scala e che conserva lavori e suppellettili in argento, bronzo e marmo.
Ai piedi dell’altare maggiore una grata segna la presenza di un sepolcreto che conserva le spoglie di alcuni frati priori domenicani e del primo parroco di s. Pietro Martire.
A risentire di questa trasformazione furono altri aspetti della chiesa, come ad esempio il pavimento che dovette essere rialzato e ciò rese inservibile, a causa del dislivello tra interno ed esterno, un’antica porta laterale, un tempo riservata al Duca e alla corte; ancor oggi è visibile a metà circa della chiesa, sul lato di via Carrobbio, ornata con decorazioni in cotto (che ormai finiscono sotto il piano stradale) e con due tondi recanti tracce di affreschi ormai poco leggibili ( un’Annunciazione di cui rimane solo una sbiadita immagine della Vergine).
Altra conseguenza dell’innalzamento del pavimento è l’alterazione delle proporzioni tra larghezza e altezza delle navate ; per correggere questa anomalia, verso la metà dell’Ottocento le volte a tutto sesto vennero trasformate in volte a sesto acuto e il soffitto a capriate fu coperto con una finta volta gotica sovrapposta. L’allora parroco Robecchi chiamò da Milano il pittore Aristomene Ghislandi e gli affidò l’incarico di affrescare tutta la chiesa con decorazioni in stile neogotico, per dare all’insieme una parvenza di omogeneità stilistica. Anche le suppellettili lignee sono in stile neogotico.
Nel transetto si aprono due cappelle : a destra quella del Crocifisso , una preziosa scultura lignea della seconda metà del Quattrocento che era un tempo sull’architrave del transetto e che la tradizione vuole abbia parlato al Beato Matteo nel 1470, facendolo partecipe dei suoi dolori; a sinistra c’è la cappella dedicata a s. Pietro Martire, la più grande della chiesa, contenente una grande pala del XVIII secolo, raffigurante il martirio del santo.
Alcune cappelle lungo le navate laterali ospitano pregevoli opere d’arte: nella cappella della Beata Vergine del Rosario è posta una pregevole statua lignea della Madonna, risalente al XVII secolo, circondata da formelle dipinte con i misteri del rosario. Nella cappella dedicata a s. Pio V Ghislieri, che fu per diversi anni priore dell’attiguo convento domenicano, la pala centrale raffigura il santo in abiti pontificali mentre accoglie e benedice i piccoli, i poveri, gli infermi. Sotto l’altare è esposto il corpo della Beata Caterina Nai Savina, domenicana originaria di Gambolò, morta in concetto di santità nel 1516.
Nella cappella della SS. Trinità si vede una pala d’altare, opera di Paolo Camillo Landriani detto il Duchino, che raffigura l’Incoronazione della Vergine con i santi Cristoforo, Rocco e Sebastiano, sullo sfondo di una interessante veduta tardo-cinquecentesca della città di Vigevano, con la torre e la vecchia facciata del Duomo. Il dipinto proviene dalla soppressa chiesa di s. Cristoforo, primitiva sede della parrocchia. La composizione stilistica è formata da due ampi registri sovrapposti: nel primo superiore appare l’Incoronazione della Vergine, mentre l’iconografia dei santi Rocco, Sebastiano e Cristoforo si presenta nel registro inferiore, completato da una visione prospettica della città, con morti ed appestati, inserita in una struttura geometrica essenziale, tipica del tardo cinquecento d’area lombarda transalpina.
Il Duchino compose il paesaggio di fondo utilizzando vedute tipiche della pittura fiamminga, il cui influsso gli derivò dal contatto con i fratelli della Rovere nativi d’Anversa, che collaborarono con Giulio Cesare Procaccini, il Morazzone e il Cerano alla creazione e alla realizzazione dei celebri teli per la canonizzazione di san Carlo Borromeo, conservati nel Duomo di Milano. Nella pala di san Pietro Martire il clima solennemente religioso si mescola quasi totalmente con elementi estranei di pestilenze e morti; gli sguardi impenetrabili dei Santi vigilano contro l’incombenza della peste, ma su tutto sovrasta l’Incoronazione della Vergine che, nella sua perfetta centralità, sottolinea il rigore artistico e compositivo dell’opera.
E’ una pala di pregevole fattura, che meriterebbe studi più approfonditi anche d’archivio, per svelare se il Duchino, date le ragguardevoli dimensioni del quadro, operò direttamente sul posto.
ll Duchino è un pittore che in vita godette di buona fama, era considerato artista di valore nell’ambiente milanese, maestro di bottega, tanto che il termine Duchino gli fu conferito poiché fu soprintendente di tutte le opere realizzate alla corte ducale. Nacque a Ponte in Valtellina verso il 1560, dove divenne membro ufficiale della famosa quanto misteriosa Accademia della Val di Blemio (oggi nel Canton Ticino) diretta dal celebre pittore Giovan Paolo Lomazzo, che divenne tristemente cieco poco più che trentenne.Fu allievo del genovese Ottavio Semino, anch’esso appartenete all’accademia con incarico di consigliere. L’apprendistato del Duchino presso il pittore genovese, però, non dovette durare a lungo, poiché non vi sono riscontri stilistici consistenti nella sua produzione artistica; in seguito il Duchino fu attivo nella Milano borromaica negli anni cruciali per il rinnovamento stilistico e religioso.
Alle pareti della stessa cappella, si trovano affreschi del pittore vigevanese G.B. Garberini , che raffigurano s. Rocco e s. Pietro in catene. Da notare su quest’ultimo affresco lo sfondo con veduta della città vista dal campanile della chiesa.
Altri elementi interessanti sono gli affreschi quattrocenteschi nella parte destra del transetto e il maestoso organo, usato non solo per le funzioni liturgiche ma anche per concerti. L’organo, di notevole valore storico e tecnico, è stato costruito nel 1818 dai fratelli Serassi di Bergamo e restaurato nel 1876 dai Lingiardi di Pavia. Altri restauri sono stati eseguiti nei primi anni del Novecento.
Ultimo elemento notevole dell ‘apparato storico-artistico della chiesa di s. Pietro Martire si trova visitando la sacrestia, dove si notano i quattrocenteschi mobili decorati ad intarsio geometrico (1490) firmati dal maestro Bernardo da Legnano.