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I Tesori nascosti dell'Archivio

I Briganti della Lomellina

In Lomellina il fenomeno del brigantaggio, benchè abbia origini remote che risalgono fino ai tempi dell’Impero Romano, trova la sua massima espressione a partire dai primi decenni del ‘700 per poi essere combattuto e debellato  definitivamente solo nei primi anni del ‘900. In questa sede non andremo a fare una disamina del processo in sé ma ci limiteremo a raccontare la storia di un brigante le cui gesta entrarono fin da subito nel folklore popolare: Mayno della Spinetta.

Quando le truppe napoleoniche nel 1796 invadono il Piemonte, Giuseppe Mayno è un promettente seminarista. Nato a Spinetta, un piccolo paese poco distante da Alessandria, viene presto mandato in seminario dai suoi genitori dove si rivela un ragazzo intelligente e studioso, ma il provvedimento di leva generalizzato adottato dal re Vittorio Amedeo di Savoia per contrastare l’esercito francese coinvolge anche Giuseppe il quale viene strappato dalla tranquilla atmosfera collegiale per essere catapultato nella incerta vita militare. L’impatto con la nuova realtà sembra trasformare il temperamento del giovane che diviene turbolento e rissoso. La sua prima rissa avviene in un’osteria dove ha la meglio su un basso ufficiale, arrestato per insubordinazione verso un superiore riesce però a scappare dileguandosi nella campagna circostante. Condannato per diserzione si da alla macchia sui monti del genovese. Con l’instaurazione francese nel territorio viene ad estinguersi il suo reato ed egli rientra senza problemi a Spinetta dove si innamora di una giovane. Nel giorno delle sue nozze alcuni amici di Giuseppe, per festeggiare, si mettono a sparare per aria attirando le attenzioni di un gruppo di gendarmi. Ne deriva una violenta zuffa nella quale Giuseppe, in un impeto d’ira accoltella un brigadiere uccidendolo, dandosi poi alla fuga insieme ai suoi compagni. Carrozze svaligiate, corrieri postali assaliti e depredati, furti ai possidenti terrieri sono solo alcuni dei crimini compiuti dalla banda di Mayno della Spinetta il quale però non manca di seguire un suo “codice d’onore” che consiste nel non usare violenza se non per difesa e nel non molestare i poveri. Questa sua caratteristica lo rende, agli occhi della gente umile, più simile a un eroe cavalleresco che a un criminale. Nel 1806 la banda del Mayno viene avvistata anche a Vigevano, il prefetto del Dipartimento dell’Agogna fa affiggere alle colonne della nostra Piazza un avviso predisponendo una taglia da 100 zecchini per il Mayno e di 10 zecchini per ognuno dei componenti della banda. Uno stralcio di questo avviso riporta:

L’orda di numerosi assassini e concussionari guidata dal famigerato Majno della Spinetta, tenta di spandersi  anche in questo Dipartimento, in cui già si è veduto lo stesso scellerato girare in alcuni comuni, travestito anche da donna a macchinar delitti”.

Tale documento è custodito e liberamente consultabile presso il nostro Archivio. Nell’aprile dello stesso anno tornato nottetempo a Spinetta per rivedere la moglie e la figlioletta cade in un’imboscata, tenta di aprirsi una via di fuga ma viene ferito da una fucilata. Sapendo che la sua cattura equivarrebbe alla pena di morte Giuseppe Mayno decide di suicidarsi sparandosi un colpo di pistola alla tempia. I superstiti della banda vengono giudicati e condannati ad Alessandria nel 1807.      

 

Testi consultati per la stesura di questo articolo (consultabili presso la nostra struttura):

Bruna Rocco Capè, I briganti nella Lomellina, «I Quaderni di Bruna Rocco Capè», n. 17 (settembre 1994), p. 8-15.

 

Rubrica curata dall’Archivio Storico di Vigevano

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