L’industria legata alla produzione di tessuti ha una storia antica: nei secoli XIV-XVI Vigevano si specializzò nella manifattura laniera, per poi passare nei secoli XVII-XIX alla serica, e infine a quella cotoniera.
Nel 1787 Vigevano era sede di una “Università dei mercanti di seta” e come tale, si collocò al terzo posto tra i grandi centri industriali del Regno di Sardegna. Nel 1810 operavano in città già 56 filande, con oltre 900 addetti cadauna, con un totale di circa 5000 lavoratori: la città era definita “la Biella della Lomellina”.
Il 7 gennaio 1877 una filanda, di proprietà dei Buonacossa, prese fuoco; In poche ore lo stabilimento venne completamente distrutto, lasciando così senza lavoro più di 800 persone… Nel 1896 il cotonificio Gianoli aveva due stabilimenti, con oltre 1100 operai e la filatura/tessitura Crespi, in zona Mondetti, occupava quasi 800 persone. Nello stesso anno, nacque un nuovo setificio, il “Cascami Seta” che diede un ulteriore impulso all’attività serica, ed è l’unico complesso tutt’ora esistente (per lo meno la struttura) in città.
Nel 1936 Vigevano contava 71 opifici tessili… Ma con il passare del tempo l’industria tessile perse importanza in una Vigevano che si proclamava capitale della scarpa… Fu così che tantissime delle filande attive, fino alla metà degli anni ’50, divennero fabbriche di calzature… Facendo così sparire il ricordo di una Vigevano che viveva grazie ai tessuti…
Rubrica curata da Simone Tabarini di storiedellalomellina.altervista.org